Dalla fine della scorsa estate il settore della zootecnia sta facendo i conti con un ulteriore problema, ovvero un incremento vertiginoso dei prezzi delle materie prime. Il mais ha raggiunto i 30 euro al quintale; fino a qualche tempo fa la quotazione si attestava, al massimo, a 22 euro al quintale (+27%); la soia viene ora pagata 45 euro al quintale (ma ha toccato punte di 53 euro al quintale), mentre a Luglio del 2020 costava 34,5 euro al quintale (+24%); il cotone, che serve a fornire grasso e olio alla razione (oltre a della fibra), è valutato 40 euro al quintale, a differenza dei 25 euro al quintale (+37,5%) dell’anno scorso. La colza, infine, è passata dai 25-27 euro al quintale agli attuali 37 euro al quintale (+33%).
Un litro di quello fresco viene oggi pagato alla stalla 37 centesimi di euro, al di sotto della soglia di sostenibilità finanziaria dei 39 centesimi a litro. Così, per i produttori, è impossibile avere non solo un minimo margine di guadagno, ma anche coprire i crescenti costi di produzione. Il calo dei prezzi del latte alla stalla è infatti mediamente di -2,4%, ma contemporaneamente l’indice del costo degli input produttivi è salito del 4%. Con particolare riguardo ai prezzi delle materie prime per la produzione di mangimi, questi hanno toccato i livelli tra i più alti degli ultimi dieci anni.
In questo contesto la filiera non potrà reggere a lungo, basti pensare che circa il 70% dei costi di produzione del latte deriva dall’alimentazione animale e con gli aumenti così forti del prezzo delle materie prime per un periodo così prolungato l’industria mangimistica non riesce più a comprimere il costo dei mangimi sotto la soglia della sua stessa sopravvivenza – dichiara Marcello Veronesi, presidente di ASSALZOO – Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici. “Gli allevatori di bovini stanno vivendo uno stato di grande precarietà e continuano a perdere potere contrattuale. La pandemia di Covid-19 e le conseguenze della lunga chiusura del macro-settore relativo all’ospitalità e alla ristorazione (canale Horeca) hanno avuto forti ripercussioni anche sul comparto lattiero-caseario. Non possiamo ignorare il grido d’allarme che proviene dai produttori di una materia prima che sta alla base di molte produzioni di alta qualità del nostro made in Italy alimentare”.
“È necessario un impegno comune della filiera per valorizzare un’eccellenza italiana” spiega il presidente Veronesi. “Servono 4 centesimi in più al litro. Sappiamo che ogni anello della filiera deve fare i conti con un momento particolarmente difficile, ma se vogliamo garantire il futuro della ‘filiera italiana’ con tutte le sue produzioni di eccellenza dobbiamo fare uno sforzo comune; sforzo che deve essere chiesto anche ai trasformatori, alla GDO ed al consumatore finale. Inoltre, dobbiamo realizzare nuove strategie per ammodernare e valorizzare la crescente offerta e puntare a mirate campagne promozionali per far emergere agli occhi del consumatore, non soltanto l’insostituibile valore nutrizionale di questo prodotto, ma la sua importanza fondamentale per una produzione casearia di assoluta e riconosciuta eccellenza come quella italiana”.