Negli ultimi anni c’è stata una decisiva accelerazione da parte dei governi, delle agenzie spaziali e delle società private, che hanno cominciato a finanziare attività di esplorazione ed utilizzo delle risorse spaziali, con nuovi programmi in particolare intorno alla Luna. Il mercato minerario degli asteroidi è già valutato fino a trilioni di dollari, nonostante dalla Terra ancora non sia partita una sola missione finalizzata all’utilizzo o all’estrazione di risorse minerarie spaziali.
Mentre il concetto di estrazione spaziale è ancora un qualcosa di impensabile per molti, per l’industria mineraria lo “space mining” è un qualcosa di realizzabile e sul quale investire. Dopo essere stata a lungo considerata fantascienza, i governi stanno ora implementando programmi e leggi che consentono loro di unirsi alla corsa per l’estrazione mineraria nello spazio.
Dopo il “Google Lunar X Prize”, competizione spaziale organizzata dalla X Prize Foundation e sponsorizzata da Google, a cui ha partecipato anche un team italiano guidato dal prof. Rovetta, che propose un prototipo di rover dal nome “Amalia”, il tema resta di grande attualità e più nazioni mostrano un rinnovato interesse nell’estrazione mineraria spaziale, Italia compresa. Gli Stati Uniti hanno recentemente proposto gli “Artemis Accords”, un accordo che la NASA ha esteso a partner come il Canada, il Giappone, alucni Paesi europei, tra cui l’Italia, e gli Emirati Arabi Uniti. La cooperazione internazionale è una condizione necessaria per l’esplorazione dello spazio, che richiede risorse finanziarie troppo consistenti per un singolo paese.
Il SEE Lab, il Laboratorio di ricerca multidisciplinare sull’evoluzione dell’economia dello spazio della SDA Bocconi guidato da Andrea Sommariva, Associate Professor of Practice, studia da anni gli impatti dello sfruttamento commerciale dello spazio, in particolare quelli dello space mining. Il SEE Lab è stato recentemente selezionato per partecipare al consorzio guidato da Telespazio per studiare i servizi di telecomunicazione e navigazione per la Luna (Lunar Communication and Navigation Services – LCNS).
Lo studio rientra nell’iniziativa Moonlight dell’ESA al termine del quale l’Agenzia selezionerà l’operatore per la gestione del sistema LCNS e dei relativi servizi. Questa infrastruttura sarà determinante per lo sviluppo di molte attività sulla superficie lunare. Il compito del SEE Lab è quello di analizzare la domanda di servizi di telecomunicazione e navigazione, condurre uno studio preliminare di fattibilità del progetto, una volta che il consorzio avrà fornito l’architettura tecnica e i relativi costi, e analizzare la migliore forma di partenariato pubblico-privato per la successiva realizzazione.
Ma cosa ha da offrire il nostro satellite in termini di materie prime?
“Sappiamo che sulla Luna c’è abbondanza di alluminio, calcio, silicio, ferro, magnesio, torio, uranio e abbondanza di potassio, elementi delle terre rare e fosforo. Una delle ultime e più emozionanti scoperte umane che abbiamo finora, tuttavia, è l’H2O (acqua) o gli idrossidi ai poli lunari, molti sotto forma di permafrost e/o ghiaccio”, ha riferito il prof. Carlos Espejel di iSpace al sito mining.com. “Ora conosciamo le posizioni di questi depositi d’acqua sui poli della luna. È stato stimato che ci siano da 3 a 10 miliardi di tonnellate metriche di H2O.”
Il ghiaccio offerto dalla Luna è il “petrolio dello spazio” necessario per la produzione di propellente per i veicoli spaziali con una significativa riduzione dei costi di trasporto, nonché ossigeno e acqua per la permanenza nella futura stazione spaziale intorno alla Luna (il progetto Gateway). Il trasporto di macchinari per l’estrazione di ghiaccio dalla superficie lunare avverrà entro al fine di questo decennio e la competizione fra Stati Uniti, Russia, Cina ed India per minare la Luna è solo agli inizi.